Requisiti dei beneficiari:
- incarico annuale o fino al termine delle attività didattiche o di 180 giorni di servizio in un’unica istituzione scolastica nell’anno scolastico 2008/2009;
- mancata stipula di contratto td nella graduatoria principale d'inserimento per il 2010/2011, per carenza di posti disponibili;
- stipula di contratto per un numero di ore inferiore a quello di cattedra o posto, in assenza di disponibilità di cattedre o posti interi.
Punteggio:
- il punteggio attribuito per la stessa classe di concorso, posto di insegnamento, profilo professionale per cui il beneficiario ha prestato servizio nell’as 2008/2009.
Obblighi e penalità:
- obbligo di accettare qualsiasi proposta di supplenza breve dai distretti indicati nella domanda;
- la rinuncia immotivata o ingiustificata implica la perdita del diritto di convocazione dagli elenchi prioritari, del diritto del punteggio (tranne quello maturato iper il servizio effettivamente svolto nell’as 2010/2011), del diritto all’indennità di disoccupazione, se percepita;
- nessuna penalizzazione per chi rinunci a una supplenza per accettare un incarico annuale o fino al termine delle attività didattiche resosi successivamente disponibile o un incarico su patti territoriali;
- nessuna penalizzazione per rinuncia qualora si sia impegnati in una supplenza temporanea conferita attraverso le graduatorie di circolo o di istituto;
- nessuna penalizzazione per rinuncia qualora si sia impegnati in una supplenza conferita attraverso le graduatorie di circolo o di istituto in un'altra provincia.
Rinnoviamo le medesime criticità espresse lo scorso anno:
- L’accesso ai contratti di disponibilità è riservato solo a una minima parte dei precari rimasti senza lavoro;
- non è prevista alcuna forma di tutela dei altri docenti iscritti nella II e III fascia delle graduatorie di istituto;
- i beneficiari saranno costretti ad accettare le supplenze brevi assegnate dai DS, mentre tutti gli altri docenti avranno scarsissime possibilità di lavorare e non beneficeranno di alcun intervento a sostegno del reddito (ad esclusione della disoccupazione con requisiti ridotti, qualora ricorrano le circostanze previste dalla legge);
- a fronte della concessione del punteggio di servizio per l’intero anno, i precari “storici” sono costretti ad accettare, invece di una nomina annuale, contratti di lavoro brevi e discontinui. Si introduce, quindi, per lavoratori che hanno maturato diversi anni di servizio, una forma di ulteriore precarizzazione, analoga a quella finora tipica dei docenti privi di abilitazione o neo-abilitati;
- qualora il lavoratore rinunciasse ad un incarico, perderebbe non solo il diritto di accedere ai contratti di disponibilità, dunque alle supplenze temporanee, ma anche l’indennità di disoccupazione, che percepisce secondo le circostanze previste dalla legge;
- qualora le supplenze offerte fossero brevi spezzoni orari, il lavoratore percepirebbe un salario inferiore allo stesso sussidio di disoccupazione; per gli altri docenti, al lavoro precario subentra la disoccupazione, senza forme di sostegno del reddito. È questo il risultato della piena conferma dei tagli agli organici previsti nella legge 133/2008;
- non è prevista alcuna misura strutturale che sostenga i lavoratori precari nei prossimi quattro anni, quando saranno tagliati altri 150mila posti;
- non è prevista alcuna estensione dell’accesso all’indennità di disoccupazione;
- l’ammontare del sussidio mensile di disoccupazione non è incrementato; né è previsto alcun prolungamento dell’indennità oltre i termini usuali (8 mesi, contro i 10-12 di retribuzione di una supplenza annuale).
La storia della sua introduzione è significativa del modo in cui la politica e la stampa italiane si occupano della precarietà della scuola. Per anni l’esistenza di centinaia di migliaia di lavoratori precari iscritti nelle graduatorie è stata semplicemente ignorata. Certamente tutti sanno che esistono i supplenti, ma la loro condizione giuridica ed economica, i motivi che spingono i governi a mantenerli nella precarietà non sono considerati temi interessanti. Poi, all’improvviso cominciano a far notizia, perché occupano gli U.S.P., salgono sui tetti, fanno lo sciopero della fame. Ironia della sorte: la politica inizia a parlare di precari solo quando sono già diventati disoccupati. Chi denuncia l’intollerabilità della precarietà a vita, chi stende articoli patetici sulla dura condizione del precario. Peccato che, davanti a un licenziamento di massa senza precedenti, siano fuori tema. Allora il governo, dopo aver negato per un anno intero l’espulsione di lavoratori dalla scuola, estrae dal cilindro il “salva-precari”, mirabile foglia di fico che mette a tacere stampa e opinione pubblica.
Solo i precari riconoscono la beffa. I supplenti annuali del 2008/2009, dopo aver perso il lavoro, ottengono grazie a quel decreto l’accesso alle supplenze brevi, cui avrebbero comunque diritto. In compenso, dovranno accettare tutte le proposte di lavoro, in una qualsiasi delle classi di concorso in cui sono abilitati, anche per un numero di ore cui corrisponda un salario inferiore all’indennità di disoccupazione, pena la perdita del sussidio. Unica contropartita, il riconoscimento del punteggio di servizio. Come nella peggior scuola privata il lavoratore è sottoposto a uno sfruttamento intensivo, facendo leva sulla “fame di punti”. Per il supplente annuale è un salto indietro, un ritorno alla sotto-occupazione; per i supplenti temporanei, esclusi dagli elenchi prioritari, la disoccupazione.
Quest’anno si replica, con criteri invariati: minimo 180 giorni di servizio in un’unica scuola nel 2008/2009 per accedere alle liste, riconoscimento del punteggio e penalità identiche a quelle stabilite lo scorso anno per chi rifiuta una chiamata. Il decreto lascia aperta la possibilità di una riedizione degli accordi Stato-Regioni, che già l’anno scorso hanno introdotto forme di ulteriore precarizzazione nella scuola statale. Emblematico il caso lombardo. Sbandierato come esempio di stato sociale moderno, attento alle esigenze della persona, l’accordo Miur-Lombardia non solo ha scaricato il peso dei tagli anche su altre categorie di lavoratori, come gli educatori, ma si è basato sul ricatto lavoro in cambio di diritti: docenti impiegati per 36 ore settimanali nelle mansioni più disparate, senza contratto, contributi, malattia, ferie, per ottenere l’integrazione del sussidio INPS fino al 100% del salario. Lo stesso baratto imposto ai lavoratori di Pomigliano, ma questa volta è il pubblico a indicare la strada.
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